Gaetano Pesce: il design contro il pensiero unico

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Il 4 aprile 2024, a New York, si è spento Gaetano Pesce.

Il Maestro spezzino con la sua opera ha dato vita ad un Design fortemente penetrante nella vita delle persone e nel costume della società.

Fulvio Irace lo ha definito “un design politico”, “ovviamente polemico, capace di suscitare riflessioni e domande che dovevano attingere ai segreti stessi della vita, ben oltre i consueti circuiti dell’ideazione e della produzione”.

Prendiamo in considerazione, a titolo esemplificativo, uno dei suoi modelli più celebri: la poltrona UP5, ispirata alle statuette votive dell’antichità e riproducente un grembo materno, attaccato ad una palla, in guisa di palla al piede dei carcerati.

La poltrona aveva un deciso messaggio simbolico e voleva trasmettere un esplicito messaggio politico, di denuncia della condizione delle donne ed a tutela dei loro diritti.

Lo stesso Gaetano Pesce aveva spiegato che il modello doveva trasferire «l’immagine di un prigioniero. Le donne soffrono a causa del pregiudizio degli uomini. La sedia doveva parlare di questo problema».

Il suo Design è stato uno strumento di polemica e di lotta, in particolare contro l’omologazione ed il pensiero unico, in difesa di minoranze e diversità. Ha detto, al riguardo, il Maestro: «la democrazia non deve garantire l’uguaglianza, deve garantire e proteggere la diversità. […] Gli oggetti devono avere una propria individualità. Ancora oggi sono trattati come “schiavi devono essere tutti uguali. Se uno è “diverso”, lo si considera difettoso e lo si butta via. Ci sarà una terza rivoluzione industriale, sovvertendo l’idea di produzione: oggi lo standard e domani il non standard. È un messaggio fortemente politico».

Gaetano Pesce ha combattuto le sue battaglie utilizzando gli strumenti del colore, della creatività, della bellezza, dell’allegria.

Ha significativamente dichiarato: «il mio lavoro è qualcosa che può far sorridere le persone. È uno spettacolo molto allegro e colorato, con un messaggio molto positivo, il mio linguaggio visivo vuole creare piacere. Ed è sempre una risposta a quel che succede nel mondo. Se c’è una guerra, devo fare qualcosa, se possibile, per far ridere o sorridere le persone. L’unica altra alternativa è troppo deprimente».


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