05 Feb Lettera dalla fabbrica
di Zeno Salimbene
Cara Elisa
Sopra lo stesso artiglio lunare
Gravitano i sogni di noi tutti,
Come immagini di Madonne
In abiti di contadine
O immagini di passanti
In abiti di tentatrici.
Sulle mani l’ustione
Ha aperto nuove strade
Che tu potrai esplorare,
Come campagne romane
Nel sogno di me fanciullo.
Sono venuto in questa casa di rumore
Per non fare il militare,
E, confesso,
Per cercare il callo del riscatto.
Fosse per me, Elisa, mia creatura,
Io vivrei di niente,
Raccatterei gli strascichi
Delle nostre borgate
Fin sotto l’uscio aereo del Paradiso
E mi addormenterei senza certezze…
Se non fosse per te.
Per distrarti dalla fame
Ho imparato il lavoro
E ancora bestemmio l’ordine
Pur facendomi bello per lo Stato,
E nei mattoni che incollo
Per le case signorili
Incido sempre il tuo nome.
Figlia mia, venuta per caso
Nelle mie mani di ragazzo,
Non cantare, sulle strade,
La fine di ogni fatica
Per sollevare gli animi dalla paura,
Ma lotta perché tutti battano
La stessa incudine
E avrai distrutto l’iniquità.
Quando ti sentirai sola,
Trafitta dai turbamenti,
Va nella città industriale.
Tutto ciò che c’è
l’ho fatto io
Affinché tu possa vivere
Per il tuo ideale.
FOTO: Ennio Calabria – Operaie della filanda, 1972, olio su tela