Il futuro del lavoro di fronte alla robotica: serviranno i migranti?

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di Aly Baba Faye, Ricercatore sociale 

Con il varco della nuova frontiera dell’intelligenza artificiale siamo di fronte a una vera rivoluzione che è destinata a cambiare radicalmente il funzionamento delle società umane. E com’è accaduto molto spesso, quando una tecnologia strutturante compare si sente parlare di “fine della Storia” oppure dell’avvento di una “nuova era”. Ed è così con il balzo innovativo dell’intelligenza artificiale che spingendo oltre misura  le potenzialità dell’automazione, si pone come non mai il tema di un nuovo rapporto tra uomo e macchina. C’è l’idea, a dir il vero assai radicata nell’evoluzione delle società umane, che nel lavoro ci debba essere una tendenza progressiva di sostituzione dell’uomo con la macchina. La liberazione dal lavoro e dalla fatica è stata perseguita sempre nella traiettoria della storia umana. Anche ora sta già rifiorendo una letteratura sul tema delle opportunità ma anche dei rischi dell’affermarsi del New Age dell’intelligenza artificiale e la sua applicazione. Quel che è certo è che avrà effetti inediti sul lavoro, la sua organizzazione e la sua regolamentazione. E per converso sui lavoratori.

Si rammenta che tutta la storia dell’umanità è stata improntata ad una ricerca continua di liberazione dell’essere umano dalla fatica, dalla povertà e persino dalla malattia. Quasi che la ricerca di un “paradiso in terra” o, se si vuole l’edonismo, sia una ricerca ossessiva per compiere quel percorso di deificazione dell’uomo. In ogni caso, oggi siamo di fronte a una conquista di potere enorme grazie all’intelligenza artificiale. E numerosi sono gli interrogativi che si pongono sul destino delle società umane. In questa sede però, vorrei concentrarmi in modo specifico sull’impatto dell’automazione nel mondo dei lavori ereditato dalla società industriale. 

Un processo spinto di automazione porterà certamente verso una marginalizzazione del fattore umano nel lavoro. Si parla di fine del lavoro come lo conosciamo. Molti studi e ricerche hanno già evidenziato un fenomeno di progressiva sostituzione del lavoratore da parte della macchina. 

Aaron Benanav, sociologo e storico dell’economia, nel suo libro “Automazione. Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo” scrive: “nelle fabbriche più avanzate del pianeta, aziende come Tesla stanno per avviarsi verso una produzione a luci spente, in virtù della quale processi lavorativi totalmente automatizzati non richiedono nessun intervento umano e possono andare avanti al buio. Nel frattempo, nelle sale illuminate dei convegni di robotica, si mettono in mostra macchine in grado di giocare a ping-pong, cucinare, avere rapporti sessuali e sostenere una conversazione. Insomma i computer non stanno soltanto creando nuove strategie per giocare a Go, ma si dice stiano anche scrivendo sinfonie che faranno commuovere il pubblico. Già ora negli Stati Uniti sfrecciano camion senza conducente e cani robotici trasportano attraverso pianure desolate armi destinate ai militari. Stiamo forse vivendo il crepuscolo del lavoro umano?”.

Secondo una ricerca di Goldman Sachs, due terzi dei lavori negli Stati Uniti e in Europa cambieranno profondamente, l’intelligenza artificiale di certo compirà una svolta nelle modalità di lavoro legate all’assistenza, alla programmazione e al mondo legale e amministrativo, si stima che il 46% delle posizioni di quest’ultimo settore potrebbe essere sostituito dall’IA; 300 milioni di lavoratori nel mondo saranno a rischio, rimarrà indietro chi non sarà in grado di utilizzare gli strumenti del loro tempo. 

La vera sfida, oggi, è essere consapevoli dell’uso dell’intelligenza artificiale perché ci si impegni a delle applicazioni regolate a livello europeo e a soluzioni in cui l’affiancamento tecnologico permetta di lavorare di meno e meglio. 

In questa prospettiva sorge spontanea la domanda di sapere come il ricorso alla robotica peserà sul processo di “sostituzione” dell’uomo in diversi ambiti lavorativi in particolare l’industria manifatturiera, il settore primario ma anche il terziario. E quali effetti avranno i cambiamenti sulla migrazione o meglio sulla mobilità geografica dei lavoratori.

A questo punto è difficile tarare con precisione il peso della robotica sulla sostituzione del lavoro umano e sulle migrazioni. Quel che è certo è che il ricorso alla robotica avrà un impatto forte in certi settori dove è forte la presenza di domanda di lavoro immigrato. 

Un’altra domanda che ci si pone è come tutto questo peserà sulla regolamentazione e sul diritto del lavoro da una parte e dall’altra sul ruolo sociale del lavoro. Quel che si può dire è che gli scenari che abbiamo di fronte consentono di iniziare con un’analisi accurata al fine di ridefinire le fenomenologie lavorative. Da questo punto di vista forse i cantieri della riflessione ci porteranno verso una pulizia semantica che ci costringerà a distinguere tra lavoro, occupazione, occupabilità e attività. E tutto ciò avrà a che fare con l’organizzazione sociale. Si porrà anche l’esigenza di tematizzare del lavoro come chiave di volta della cittadinanza sociale a partire da una inevitabile riarticolazione dei meccanismi di politica dei redditi e di redistribuzione del lavoro e della ricchezza.

La riduzione degli orari di lavoro umano può trovare un pretesto per una riorganizzazione di tutto il lavoro. 

  • Foto di Ron Lach, Pexels


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